Dopo 836 km percorsi in bus mi trovo nell’incantevole città imperiale di Vienna al Welt Museum solo per lui: il Penacho di Moctezuma, uno dei reperti messicani più famosi al mondo, capolavoro dell’arte plumaria mexica.
Il quetzalapanecáyotl (questo il suo nome in nahuatl) faceva parte della collezione dell’arciduca d’Austria Ferdinando II, che aveva raccolto nella sua camera dell’arte e delle curiosità presso il Castello di Ambras opere d’arte e reperti preziosissimi.
È menzionato per la prima volta nel 1596 con una descrizione tratta dagli inventari della successione ereditaria di Ferdinando II in cui viene definito “copricapo moresco” e comprende anche “…un becco tutto d’oro”, probabilmente perduto in seguito che portò a rivedere l’interpretazione del penacho come indumento/grembiule e poi come stendardo. Ad Ambras il penacho rimase fino al 1703 per poi essere trasferito a Vienna nel 1806 dapprima esposto al Palazzo del Belvedere dove restò per 8 anni e infine al Museo di Etnografia, dal 2017 Welt Museum (Museo del Mondo).
Nel 1819 l’archeologo Eduard von Sacken ne attribuì la provenienza al Messico ma fu Zelia Nuttall, a fornirne l’interpretazione definitiva come copricapo, accettata nell’ambito del Congresso internazionale degli americanisti tenutosi nella capitale austriaca nel 1908.
Il penacho del peso di 980 grammi è formato prevalentemente di piume di quetzal e da 1544 adorni di metallo, mezze lune e cerchi, cuciti alle piume con l’aiuto di un filo sottile. Con i restauri del 1878 furono aggiunti dei complementi, per cui oggi restano solo 47 ornamenti d’oro originali.
Ma cos’è veramente il Penacho? Si tratta di un indumento che Cortés ricevette a bordo della sua nave per diventare immagine vivente della divinità? Era parte del lotto di doni inviati dal Messico a Carlo V? Oppure prodotto del saccheggio spagnolo a Tenochtitlan?
La leggenda lo vuole come oggetto appartenuto direttamente a Moctezuma II, ultimo imperatore mexica, che l’avrebbe consegnato personalmente ad Hernàn Cortés tramite il quale sarebbe giunto nelle mani di Carlo V, giungendo poi a Vienna per vincoli familiari degli Asburgo.
Ma la verità è che a queste domande, non ci sono purtroppo risposte.
Le sue qualità tecniche, materiali ed estetiche unitamente alla fama che lo caraterizza, sono stati fattori, tuttavia, che hanno contribuito a rendere questo manufatto al centro dell’attenzione mondiale. A partire dai media nella seconda metà del XX secolo, quando in Messico cresceva sempre di più la richiesta di volerlo riportare il penacho nella sua terra natale.
Allo stato conservativo attuale tale spostamento non sarebbe però possibile; il copricapo di piume è, infatti, in un precario stato di conservazione che non ne permetterebbe la stabilità a partire dalle sole vibrazioni del mezzo di trasporto per il trasferimento.
E mentre il sogno messicano resta al momento irrealizzabile, il penacho rimane viva testimonianza della genialità e maestria di un popolo così lontano da noi ed eccezionale esempio di arte a livello universale.
E’ bellissimo! Mai si saprà la verità su questo “penacho” cioè come è arrivato in Europa. Claro que dovrebbe stare nel luogo di origine
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Hai ragione! Ci sono informazioni che non avremo mai e sarebbe bello vederlo tornare in Messico ma purtroppo è troppo delicato e compromesso per poter viaggiare
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